domenica 20 gennaio 2013

Il viaggio della Signorina Vila (2012)


Il viaggio della Signorina Vila
Italia, 2012, colore, 60' (1h)
Regia di Elisabetta Sgarbi

Visto al Trieste Film Festival alla Sala Tripcovich.

Il film/documentario presenta Trieste tramite una serie di interviste a importanti personalità della città, quali Claudio Magris, Boris Pahor, Susanna Tamaro, Gillo Dorfles e molti altri, il tutto raccontato dalle voci di Toni Servillo e Lucka Pockaj e con le musiche di Franco Battiato.

Il film vuol essere un omaggio a Trieste, ma è un omaggio confuso e stereotipato. Le immagini sono vecchie, ma non nel senso letterale del termine - è chiaro che sono state girate adesso. E neanche nel senso di vintage o "vecchio stampo" - sarebbe stata comunque una scelta interessante. Parlo di vecchio nel senso proprio di stantio, di un modo di riprendere superato, che non si usa più (per fortuna...). Le immagini sono spesso didascaliche o senza senso - viene mostrato continuamente il tram, con la pioggia e con il sole, senza che ce ne sia una ragione apparente. Per carità, sono indubbiamente immagini suggestive in sé (alcune riprese delle Rive fatte dal mare sono stupende) ma sono immagini da cartolina, e a volte anche di quelle cartoline un po' imbarazzanti che, quando le vedi esposte, ti chiedi chi mai possa comprarle e spedirle (mi riferisco in particolar modo alla scena finale coi ragazzi che corrono e si tuffano in mare). Sono immagini patinate che potrebbe fare chiunque si avvicini a Trieste per la prima volta ma che sono inaccettabili per chi dichiara di voler girare un atto d'amore verso Trieste e di voler cogliere la triestinità.
Nelle interviste gli autori raccontano storie che sono eccessivamente personali - vedi il caso di Magris che racconta del suo rapporto con il mare - oppure sono aneddoti che non hanno né capo né coda - come quello della custode del cimitero che non ha alcun senso proprio perché comincia a metà e non si capisce dove voglia andare a parare - oppure sono stereotipi - come quello della Tamaro che parla della bora. Andiamo, ancora si parla della bora come del «vento che spazza le preoccupazioni dei triestini»? Francamente non se ne può più di Trieste raccontata così: è un modo superato. O ancora Pahor che nella sua intervista parla dell'incendio al Narodni Dom, evento fondamentale per la storia sua personale e per quella di molti sloveni, ma che nel film viene citato senza spiegare neppure cosa fosse (già molti triestini non lo sanno, figurarsi gli altri...), e questo rende del tutto incomprensibile - e quindi inutile - l'aneddoto. E, purtroppo, praticamente ogni intervista ricade in una di queste tipologie, rendendo l'intero film scarsamente interessante.
Infine i temi: si parla ancora di Trieste in termine degli esuli e degli ebrei. Onestamente non se ne può più di Trieste raccontata in questo modo. Ancora la Risiera e ancora Basaglia? Non dico non siano temi importanti, intendiamoci, ma da una regista giovane che vuole mostrare la "vera" Trieste mi aspetto qualcosa di diverso... Inoltre tutti questi racconti sono accatastati in modo generico e confuso: si passa dalla bora, alla questione degli esuli, ai ricordi di un pittore senza che ci sia alcun collegamento tra un argomento e l'altro, senza un filo logico, buttati là a casaccio senza approfondire minimamente. Così, in questo saltabeccare di qua e di là, seguire la trama - ammesso che ce ne sia una - diventa noioso e fastidioso e questo, spiace dirlo, non giova minimamente all'immagine di Trieste. Trieste che meriterebbe ben di più che un mediocre filmetto di questo tipo.